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Ribelle come un rospo

E quindi, piccolo uomo, vuoi fare il ribelle eh? Ti piace giocare duro, andarci giù pesante, andare controcorrente, lanciare accuse, condanne, sputare su tutto e tutti perché pensi che il mondo ancora non è pronto per cotanta magnificenza. La società – L A S O C I E T A’ – è riprovevole, con tutte quelle regole e quelle leggi alle quali fare attenzione, mamma mia che schifo, che orrore, che squallore! No, non è roba per te, non vuoi farti sottomettere, tu, Don Chisciotte senza macchia e senza paura, vai contro tutto e tutti incurante delle possibili conseguenze perché sai – lo senti profondamente! – di essere nel giusto. Spezzi le catene, fuggi dalle reti, ti sbarazzi dei lacci che continuamente gli altri ti lanciano addosso perché hanno paura di te – questo tu lo sai bene! – non sopportando che una persona possa ribellarsi innalzandosi al di sopra dell’orizzonte piatto della loro esistenza. Che vita grigia e monotona quella altrui! Ma lo usano il cervello? Certo che no, che domande. Tu, invece, sei più furbo di tutti. Oh si, tu hai capito tutto… tu sai come non farti fregare dalla S O C I E T A’.
Tu sai come va il mondo. È il mondo che ancora non ha capito come dover fare i conti con te.

Ok Rambo, ora siediti però, ho qualcosa da dirti. Ti rivelerò un segreto, e voglio la tua massima attenzione.

Sei un rospo.
Un grosso, viscido, bavoso rospo. E sei pure velenoso, ed è per questo che nessuno si avvicina a te. Non perché la gente ti teme e ti rispetta… no, semplicemente perché fai schifo e sei pericoloso.

Fra l’altro puzzi.
Tutto il giorno a rigirarti nella merda e nel fango, cosa pretendi? Te ne stai lì a gracidare contro tutto e tutti, senza muovere un muscolo perché letteralmente non sai che pesci pigliare. E quindi gracidi, gracidi e gracidi dalla tua piccola tana di fango e merda. Da quando poi ti hanno dato i social, gracidi ancora di più e più forte, un giorno si e l’altro pure. Sei un vero ribelle.

Ogni tanto cerchi di fare la voce grossa – ma attenzione! – solo con le ranocchie più piccole: davanti a loro ti gonfi tutto, e per un attimo ti sembra di essere potente. Sbraiti contro la moglie, la fidanzata, i figli, il vicino, il cane del vicino, la cassiera, il parcheggiatore abusivo, i social sui social, l’amministratore del condominio, il sindaco, il governo, lo Stato. L A S O C I E T A’. Di recente sei riuscito anche nella ragguardevole impresa di gracidare contro delle semplici mascherine e i vaccini, e ti dai pure le pacche sulle spalle per questo, piccolo rospo. Tutti colpevoli, tutti inetti, tutti nemici. Cazzo, nessuno ti dice come vivere! Sei tu il padrone, qui! Neanche tua madre si azzarderebbe a comandarti… bé, oddio, alla mamma non riesci proprio a ribellarti, la mamma è sempre la mamma, per lei sarai sempre il suo bel rospetto.

Se non esiste qualcosa di reale contro cui gracidare, no problem, te lo inventi di sana pianta, e via di nuovo in pista! Hai una grande immaginazione, rospetto. Te la prendi con la pioggia quando vuoi il sole e con il sole quando vuoi la pioggia. E quanto vorresti prendere a pugni qualcuno! Ma non lo fai, perché sarai anche un patetico infame opportunista ma mica scemo. I rischi li corri ma solo quando ti conviene.

Qual è il problema? Il fatto è che hai ricevuto troppe attenzioni o troppo poche, piccolo rospo. Nel migliore dei casi sei un egocentrico, nel peggiore un narcisista che s’immagina re dei rospi.
Un re dei rospi che, tutto gonfio, si guarda allo specchio e si spaventa della sua stessa immagine. Zampetti via, scivolando e incespicando, fino a quando non ti senti di nuovo al sicuro nella tua piccola tana di fango e merda. I tuoi piccoli occhietti tondi sbucano timidamente dall’oscurità.

Ave, grande re dei rospi!

Dio è morto nel suo fragile paradiso

Could Never Be Heaven dei Brand New è una di quelle canzoni che, grazie alla bellezza delle immagini evocate e alla limpidezza delle parole scelte, risuona ogni volta diversa. Diversa sia a seconda di chi l’ascolta, diversa anche per chi la conosce e la riascolta per l’ennesima volta.

Una ballata sulla perdita della fede
Una dedica appassionata alla persona amata
Un lamento sulla propria solitudine
Il dolore provocato dalle malattie mentali
La consapevolezza di essere intrappolati nello sfiancante gioco fra individualità e condizionamenti esterni

Comunque sia, questa canzone può essere tutto ciò e tanto altro insieme. Suona come una confessione, una pagina di diario estremamente difficile da buttare giù per chi la scrive. L’esperienza è talmente tanto profonda e personale che non ci si può affidare al quotidiano; questo risulterebbe limitato, troppo inquadrato e inadatto, meglio affidarsi ad immagini – un lago, una vecchia città abbandonata e sommersa, le persone amate che cantano nelle profondità, una balena che fluttua nella chiesa, un pesce nietzschiano.

Do you know the words that make the hidden door open?
Can you speak my secret name and fix me?
I have no heart, I have no brain
Lord I have no courage
Can you get me home again?


Cristo, che apertura… come si fa a dire così tanto in così pochi versi? E con quella melodia che parla a te e a te soltanto…

The deeper I sank, the less I died

Dove va di preciso questa canzone non lo sappiamo. Sappiamo solo che va giù, sempre più in profondità.
Cerca qualcosa, rovista, si immerge, riemerge, prende fiato e si immerge ancora. Segue un filo nascosto, ha paura, la sua luce è tenue.
L’oscurità la inghiotte. Ma non muore.





Get out of my head
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